Conflict Management and Teamwork
Il lavoro di squadra: interagire per migliorare la qualità organizzativa
Creare un team di lavoro affiatato riducendo i conflitti
Quando si pensa alla formazione di un team di lavoro, il primo obiettivo potrebbe essere quello di reclutare i migliori “attori”: eppure spesso non basta. Al fine di creare la giusta alchimia non è sufficiente aggregare i componenti più qualificati e mettere insieme le migliori personalità. L’efficacia di un gruppo, infatti, non è determinata unicamente dalle caratteristiche personali e dalle qualità dei membri che lo compongono, quanto dal tipo di interazioni, più o meno solide, e dalle dinamiche che si creano tra di loro. La coesione e la motivazione battono la competenza.
Overview
- I gruppi di lavoro sono le fondamenta di un’organizzazione e vengono definiti come un aggregato di tre o più individui che interagiscono tra loro in modo dinamico, interdipendente e adattivo.
- Il conflitto rappresenta la forma più comune di disaccordo: riguarda quelle situazioni in cui si viene a creare incompatibilità di pensiero o comportamento con altre persone nell’attuazione e/o condivisione di progetti, piani di lavoro, obiettivi (conflitto interpersonale). La presenza di punti di vista contrapposti e background differenti può portare, infatti, a interpretazioni conflittuali sui compiti assegnati.
La composizione del gruppo
La composizione del gruppo (o group composition) si riferisce alle “caratteristiche di ogni membro che ne fa parte” (Gersick, 1988). Possiamo descrivere la composizione di un gruppo ragionando sul grado di similitudine o di differenziazione dei membri che ne fanno parte.
I membri di un gruppo omogeneo presentano caratteristiche comuni che possono essere di tipo demografico (come il genere, il background socioeconomico, l’età, l’educazione ricevuta), in relazione a tratti personali, alle skills, alle credenze, agli atteggiamenti, ai valori o alle esperienze lavorative. I membri di un gruppo eterogeneo sono caratterizzati dalla diversità, in un gruppo omogeneo invece prevale la similarità. Le relazioni tra la composizione del gruppo, il comportamento dei membri e la performance sono complesse. I team hanno bisogno del giusto numero di membri con l’appropriato mix di skills personali ed è quindi preferibile che ci sia un equilibrio tra l’omogeneità e l’eterogeneità delle skills, interessi e background di provenienza.
I benefici di lavorare in team
Ad oggi, i team stanno assumendo un ruolo fondamentale per molte organizzazioni soprattutto per le potenzialità e i benefici insiti in tale forma di lavoro, sia per la performance individuale che organizzativa (Mathieu et al. 2008).
- A livello individuale i team favoriscono l’apprendimento, rafforzano la motivazione, determinano alcuni aspetti del comportamento organizzativo, influiscono sulla soddisfazione lavorativa;
- A livello aziendale i team migliorano la flessibilità, la reattività, l’efficienza, la produttività, fungono da agente si innovazione e creatività.
Secondo Tremblay et al. (2003) il passaggio da una dimensione di lavoro individualista e gerarchica ad una dimensione più orizzontale e di gruppo, implica per gli individui un ampliamento delle responsabilità sia a livello orizzontale (in relazione al numero delle attività eseguite al medesimo livello) che verticale (si diventa responsabili di molte attività che precedentemente erano affidate a livelli gerarchici superiori) e rappresenta una occasione per apprendere di più e meglio che in passato attraverso il proprio lavoro.
Le qualità per rendere un team efficace
Psicologi delle organizzazioni, sociologi, esperti di statistica e altri ricercatori, in due anni di studi, hanno osservato 180 team, condotto oltre 200 interviste e analizzato più di 250 caratteristiche e attributi di differenti gruppi di lavoro per trovare il giusto mix e determinare la chimica del gruppo perfetto (De Dreu & Gelfand, 2008; Coleman et al., 2014; Tjosvold, Won, & Chen, 2014; Euwema et al., 2015).
Si sono soffermati sulle regole tacite, sulle dinamiche di gruppo, sulle abitudini, sui comportamenti, sulle interazioni tra i membri. La conclusione? Non è soltanto questione di competenze. Mettendo insieme le persone migliori non si ottiene un team perfetto. Proprio come sosteneva il filosofo Aristotele, a cui il progetto si ispira, «il tutto è maggiore della somma delle sue parti».
L’intelligenza del gruppo è qualcosa che supera la somma delle intelligenze individuali. A fare la differenza è il grado di sicurezza psicologica sperimentata all’interno dei team. La volontà e la disponibilità dei componenti di quest’ultimo a fare domande, chiedere aiuto, esprimere opinioni, proporre idee innovative, ammettere errori.
Definizione e caratteristiche del Conflict Management
I conflitti non sono necessariamente un fattore negativo (De Dreu & Gelfand, 2008 ; Euwema, Munduate, Elgoibar, Pender e Garcia, 2015) e la ricerca ha dimostrato che è possibile una gestione costruttiva delle ostilità (Coleman, Deutsch & Marcus, 2014). È molto più probabile che i benefici di uno scontro emergano quando i conflitti vengono discussi apertamente e quando la discussione promuove nuove idee e crea intuizioni e accordi creativi (Coleman et al., 2014 ; De Dreu & Gelfand, 2008 ; Euwema et al., 2015 ; Tjosvold, Won, & Chen, 2014). Per trarre un’esperienza costruttiva dal conflitto, quest’ultimo deve essere gestito in modo efficace.
Le due declinazioni del conflitto
Il conflitto viene trattato secondo le due declinazioni che può assumere sul posto di lavoro, ovvero il conflitto basato sul compito, e il conflitto basato sulla relazione (Ellis & Ashbrook, 1989). Il primo si concentra sulla disarmonia tra dipendenti rispetto al contenuto del lavoro da portare a termine, e consiste nello scontro tra opinioni. Il conflitto basato sulla relazione riguarda l’incompatibilità tra i membri, come animosità, tensioni e gossip. Le ricerche più recenti nell’ambito della psicologia sociale e del lavoro hanno evidenziato che una riduzione del conflitto basato sulla relazione migliora gli effetti di quest’ultimo basato sulla coesione nei gruppi, liberandolo dalla componente interpersonale disturbante. Inoltre, i disaccordi in merito al raggiungimento degli scopi diventano occasioni di confronto costruttivo, migliorando gli esiti dei processi di lavoro.
Conflitto cooperativo e competitivo-distruttivo
Gestire con successo il conflitto in modo cooperativo richiede capacità intellettuali, emotive e relazionali per la condivisione di informazioni, alla contribuzione della creazione di valore e discutere le differenze in modo costruttivo (Fisher & Ury, 1981). Al contrario, un processo competitivo-distruttivo porta a perdite e insoddisfazione, peggioramento delle relazioni tra le parti e effetti psicologici negativi su almeno una delle parti, ovviamente al perdente del contesto appena perso.
Gestire i conflitti e bisogno di fiducia
Una gestione positiva dei conflitti richiede la massima raccolta e scambio di informazioni al fine di identificare i problemi e le aree di interesse reciproco, cercare alternative, valutarne le implicazioni e raggiungere le soluzioni ottimali (Bacon & Blyton, 2007). La fiducia dà alle parti la sicurezza di essere aperte l’una con l’altra, sapendo che le informazioni condivise non verranno utilizzate contro di loro (Zaheer & Zaheer, 2006). Vari studi hanno rivelato che la fiducia porta a comportamenti costruttivi conglomerati e a risultati più integrativi nei conflitti interpersonali e intergruppi (Lewicki, Elgoibar & Euwema, 2016;).
La fiducia che crea e distrugge
Come si può promuovere la fiducia? Numerosi studiosi hanno notato che la fiducia è più facile da distruggere che da creare. Ci sono due ragioni principali per questa tesi. In primo luogo, gli eventi di rottura della fiducia sono spesso più visibili e evidenti delle azioni positive di costruzione della fiducia. In secondo luogo, si ritiene che gli eventi di rottura della fiducia abbiano un impatto maggiore sui giudizi di quest’ultima rispetto agli eventi positivi (Slovic, 1993). Inoltre, Slovic (1993) ha concluso che gli eventi di rottura della fiducia sono più credibili delle fonti di buone notizie. Pertanto, la convinzione generale è che la speranza sia più facile da distruggere che da costruire e che la ricostruzione della fiducia potrebbe richiedere anche più tempo di quanto sia necessario per creare il livello originale di quest’ultima (Lewicki et al., 2016).
References
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